Se vivi, le cose succedono

Una delle prime cose che ho appreso, nel mio percorso formativo è che noi siamo quello che diciamo di essere. Tutto quello che diciamo dopo “Io sono…”

Alla fine di un percorso di 15 giorni definii anche lo scopo della mia vita che era, ed è tutt’ora:

”Sono Susanna, lo scopo della mia vita è essere felice, gioire nel dare e riceve amore, sapendo che ogni giorno posso fare un passo in più!”

Naturalmente i corsi di formazione buoni, lavorano proprio sul concetto di identià, facendoti capire attraverso quali percorsi della tua vita pre-corso, sei arrivata a definirti così.

Ricordo una figura un po’ barbina fatta al primo incontro del Pratictioner con Andrea Favaretto, la domanda che ci poneva era:”Chi sei e perché sei qui”

Io uscivo da una collaborazione con un’azienda di formazione con cui avevo firmato un contratto che mi vincolava a non fare concorrenza all’azienda stessa, altrimenti, 30mila euro di penale e, ahimè, al corso era presente un mio ex-collega che ancora ci lavorava, quindi non potevo alzarmi e dire:”Ciao Sono Susanna Pistone, mi occupo di formazione e sono qui per diventare un coach migliore di quello che sono!” perché temevo la penale di trentamila euro e me ne uscii con:”Salve sono Susanna e sono una ex-manager di XXX, sono qui per imparare ad essere felice, non perché non lo sia, ma perché nella vita si può essere sempre più felici”

Vidi la faccia di Favaretto e capii che avevo detto qualcosa di strano.

Nei giorni successivi si tornò sull’argomento. Mi ero presentata come ex-qualcosa… come se una donna che si separa invece di dire:”Salve sono Maria e mi occupo di questo  –  dicesse  – Salve sono Maria e sono l’ex-moglie di Tizio Pallino! “ O se Favaretto stesso, presentando se stesso al suo primo corso di AF13 avesse detto:”Salve sono Andrea Favaretto e sono ex-formatore di HRD!”.

Insomma, nella mia presentazione in realtà, era uscita fuori un mio reale blocco: chi ero? Per due anni ero entrata nella identità manager-xxx ed ora? Sapevo veramente essere un coach? Avevo ricevuto tante di quelle mazzate in quegli anni, che non sapevo veramente se quella che stavo intraprendendo e su cui stavo continuando ad investire soldi, fosse veramente la mia strada ed ero già parecchio “grande” per fare il gioco del:”Che vuoi fare da grande?” Ero già più vicina ai 50 che ai 40 anni.

Avevo perso la casa, tutti i soldi della vendita, avevo ancora problemi legati al denaro e per campare non facevo attività di coaching a tempo pieno.

Insomma, tradotto era: dove caspita penso di andare? Felice? Ma qui si stringe i denti e si vede un sorriso, ma mica è detto che stia sempre sorridendo, sorrido per farmi coraggio ma, la vita non va proprio come vorrei.

Quello che stavo scoprendo di me che incombeva ancora la paura del giudizio, lo stress degli eventi che avevo creato e subìto e che era necessario ancora crescere, per far si che i problemi, pur grandi, diventassero più piccoli di me. Si, perché nessuno è privo di problemi, ma la differenza la fa quanto sei grande tu, nell’affrontarli.

Quel Pratictioner e il seguente Master mi han fatto buttar via un sacco di resistenze, mi hanno fatto capire che se la vita è una partita, per vincerla devi allenarti costantemente, se è un incontro di pugilato impari ad incassare senza cadere, se è una corsa, impari ad avere più fiato e più forza. In ogni caso, qualsiasi cosa sia, se sei allenato, sei sempre pronto. Ci saranno cose più facili, altre più impegnative, ma niente che non possiamo affrontare, anche perché, se vivi, le cose succedono.

Se in questo momento quindi senti che sei messo a dura prova, verifica cosa metti dopo: “Io sono…” che parole usi per definirti? Ti definisci attraverso la tua professione, i tuoi affetti? Che sensazione provi, a livello di pancia, dopo esserti definito? Pensi di essere tutto lì, nella definizione che ti sei dato, o continueresti ad aggiungere parole per “giustificare” come ti stai definendo?

Con questa serie di domande ti lascio a riflettere e ti saluto con un gioco di parole che mi piace molto:

La differenza tra teoria e pratica è che in teoria non dovrebbe esserci nessuna differenza, ma in pratica c’è
(Yogi Berra)

 

Alla prossima

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