Cosa c’entra Penelope con il Piccolo Principe?

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In realtà non era proprio il Piccolo Principe, ma la Volpe che lui addomesticava, ma se scrivevo la Volpe pensavate subito alla volpe e l’uva… che in fondo anche questo ha attinenza, ma rischio di perdervi, con i miei voli pindarici.

Mi è venuta in mente Penelope.  Poi, in fondo all’articolo capirete perché.

Tutti vogliamo un mondo migliore, a parole.

Infatti la tentazione sarebbe quella di tacere totalmente e buttarmi a capofitto in questa impresa. Poi mi accorgo che il mio modo, la mia utilità a questo mondo è data in questo momento dal mettere una serie di parole, l’una dietro l’altra, per esprimere il mio modo di creare, il mondo migliore.

Sono una creatura intelligente, sensibile, recettiva. Il linguaggio del corpo mi dice molto sule persone. A pelle ci sono persone che sento simili e altre no. Non significa che quelle che non “sento” non siano brave o buone, ma non le “sento”. La mente ha questo potere ingannatorio, ti dà l’illusione di comprendere il mondo. Condividi il Tweet Ma è un inganno, diceva bene la Volpe del Piccolo Principe quando diceva:”Non si vede bene che con il cuore, ciò che conta è invisibile agli occhi.” Invisibile non vuol dire che non c’è. Non sto evocando qualcosa di trascendente. L’aria non lo è. La vediamo quando ci batte il sole allora vediamo il pulviscolo sospeso in essa, o lo smog sulle città. Questo non significa che di solito non c’è. Un po’ paradossalmente come io vedo Penelope che di giorno costruisce e di notte distrugge. Riconoscerla significa anche non rischiare di essere noi, Penelope.

Per credere a qualcosa che c’è fuori, vederlo, prima di tutto devo credere a ciò che c’è dentro di me. Cosa mi aspetto dal mondo, dipende essenzialmente da cosa mi aspetto da me. Condividi il Tweet

Tutto parte da lì. Da cosa io credo che sia il mondo. Il mondo non differisce da me. Io sono una emanazione del mondo, in quanto il mondo che esiste lo creo io, non solo con i miei sensi, ma soprattutto con i significati che gli do. Nessuna persona esiste se non  esiste prima nel mio immaginario. Io proietto il mio vissuto, le mie emozioni del momento, su ogni cosa ruota intorno a me.

Diventare consapevole di questo, significa acquisire un potere enorme. Il potere della consapevolezza e della responsabilità.

Questo pensiero è nato dall’ascolto attento e profondo di una riflessione uscita nel circolo culturale ed etico di cui il mio carissimo amico Andreas Breschi fa parte.

Amici così sono una ricchezza enorme. Hanno il potere di farti riflettere, di ragionare e di farti assumere responsabilità sul mondo che ti immagini e che quindi vivi.

Il mondo che vogliamo vivere consiste proprio in questo e nei corsi pagati fior di soldi ne avevamo già  parlato. Oggi è la fisica quantistica che ce lo conferma e alla cui base c’e questo pensiero:”Non esiste universo se non vi è un osservatore che lo osserva e in quanto osservatore, esso costruisce l’universo che osserva” Quindi, la realtà che vivi, non è altro che l’insieme delle emozioni che tu crei in merito a tutti i fenomeni che osservi e a come decidi di osservarli.

Penelope, come tutti sanno, tesseva la tela, di giorno, in attesa di Ulisse. La sua cultura le permetteva di non riprendere marito fintanto che la tela non fosse finita. I Proci invadevano la sua corte mentre Penelope aspettava Ulisse. Se fosse vissuta oggi forse avrebbe avuto qualche carta in più, magari denunce per stalking appropriazione indebita, violazione di proprietà privata eccetera. Ma la cosa che più mi colpisce di Penelope è la distruzione della tela.

Possiamo fare tante cose, la prima delle quali crescere, assumerci responsabilità, consapevolezze, ma questo implica smetterla di puntare il dito e di aspettare Ulisse.  Smetterla di parlare e scrivere bene sulle chat o i social media e diventare creatori della nostra vita.

Penelope rappresenta una parte degli italiani. Di giorno costruiscono nelle chat dei social montagne di parole positive, buoni propositi, azioni meritevoli… a parole. Chiuse le chat distruggono la bella tela che hanno costruito,  immaginando nemici giganteschi, complotti spaventosi e forze imbattibili.

Tutto questo fa parte dell’immaginario, a volte collettivo, di molti italiani.

Il problema che sta alla base, a mio modesto avviso è lo spettro del senso di colpa. In cuor nostro ognuno di noi ha una propria imperfetta percezione di sé, che però scambia per colpa. Il concetto di colpa, impregna la cultura italiana. Due  millenni di religione stanziata qui, non sono bazzecole.

Sarebbe saggio parlare amorevolmente con la nostra Penelope interiore, cacciare i nostri fantasmi/Proci dalla corte della nostra mente e decidere cosa veramente vogliamo essere fare e avere.

In ultima analisi le Penelopi che puntano il dito, non sono che proiezioni delle nostre paure di poter ottenere veramente ciò che meritiamo.

Ma cosa crediamo di meritare?

A voi la risposta.

Alla prossima

 

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