Per chi non se lo ricorda, il titolo di questo articolo era il ritornello/tormentone di una canzone di Rino Gaetano. Rino snocciolava un lungo elenco di cose che non sopportava più.
E questo accade anche nelle famiglie più amorevoli.
Anzi. A volte si arriva addirittura a smettere di elencare le cose che non vanno, non perchè improvvisamente siano migliorate ma, al contrario, il partner, non ascolta. E non c’è peggior sordo…
Di recente ho visto ripetersi questa dinamica, molto comune, da vicino.
Mahatma Gandhi soleva dire: “Le persone urlano quando i loro cuori sono lontani.” E quando nasce un figlio a tutti gli effetti, i genitori, pur uniti nell’amore verso la creatura, si trovano, di fatto, allontanati. Risvegli notturni, allattamento, cure naturali che definirei, naturalmente estenuanti, più tutte le cose che c’erano da fare da prima che ora aumentano.
Spesso il peso ricade maggiormente sulla madre. Non è un giorno che noto questa dinamica, sono anni che lo vedo; un po’ è per come è fatto il cervello maschile, volto alla soluzione, ma lineare nel procedere, arriva alla soluzione, ma di un problema per volta. Non per niente sono le donne a partorire. Con questo non voglio dire che le donne siano superiori o più intelligenti, sono semplicemente multitasking perchè il corpo calloso del cervello, che unisce i due emisferi è il 30% più sviluppato che nell’uomo. Una donna è in grado di vedere un problema sia dal punto di vista razionale che emotivo in modo molto più rapido: e non pensa una cosa per volta, ma parecchie di più. Certo questo può rendere più “lento” il risultato, ma la quantità di dati elaborati è molto maggiore.
Tornando alla dinamica che ho osservato, ve la descrivo, pari pari, come si è verificata davanti ai miei occhi.
Useremo dei nomi fittizzi per privacy. Diciamo che Giovanni è una persona molto retta, raffinata ed esigente con se stesso, in una parola: severo. ha ricevuto una educazione ipertradizionale e crede che attraverso l’ordine, la precisione, gli orari, le norme date e rispettate, tutto proceda senza intoppi.
Marcella, nome di fantasia, studia costantemente per offrire alla propria creatura il massimo degli stimoli utili alla sua crescita lasciandola al contempo libera di esprimere non solo la sua vivacità intellettiva e creativa, ma anche la libertà di non dover assecondare delle esigenze adulte: in parole povere la creatura si sveglia quando vuole, mangia quando ha fame, gioca in modo autonomo, viene allattata a richiesta ( ha 17 mesi) compatibilmente con gli impegni di Marcella che sta prendendo una seconda laurea e ha molti interessi.
Ed ecco la situazione che ho osservato: il padre osserva la madre e, primo errore, la corregge davanti ad estranei, davanti al pediatra che visita la creatura, davanti a me. La madre, abbozza rassegnata, per non creare una tensione maggiore durante il pasto. Marcella ha fatto scelte radicali in merito agli stimoli motori, segue un metodo per cui la creatura si muove senza aiuti esterni, nello specifico abbiamo sempre visto le creature sostenute dalle braccia e dalle mani per imparare a camminare. Questa scuola di pensiero che ho appreso recentemente e che trovo interessante, lascia la creatura libera di camminare in modo autonomo, quando ne ha voglia e si sente pronta. Quindi, cammina appoggiata al mobilio, a sua misura, ma non chiede la mano per spostarsi.
Questo in Giovanni crea una grande tensione, come se la creatura fosse diversamente abile, perchè la “riprova sociale” indica che i “bravi bambini” devono imparare tutto il prima possibile, per poi, ahimè, diventare bravi prima degli altri per prendere i posti migliori, nella vita, nel lavoro… insomma per Giovanni, ipertradizionale, svezzato precocemente e avviato ad un lavoro competitivo che svolge con solerzia, la scuola di pensiero di Marcella appare un po’ come una provocazione. Come se lui, invece di essere il padre della figlia, dovesse essere il padre di Marcella e Marcella una figlia ribelle.
Potrei sbagliarmi ovviamente, ma da come ho sentito parlare Marcella di Giovanni e per come lui agisce in casa, la dinamica sembra quella.
Ora Marcella è, come si dice, arrivata alla frutta e “non lo regge più. Una madre ha ossitocina e altre sostanze chimiche nel corpo che aumentano la dose di pazienza verso la prole, ma non, verso il partner.
Come risolvere la questione?
Intanto creando una bella cornice d’accordo. Poi un bel “panino comunicativo”. Riprendersi e correggersi l’un l’altro davanti alla bimba non è assolutamente produttivo, inoltre, nel tempo, oltre a creare tensione crea fratture in cui i bambini sanno insinuarsi per prendere potere. Ma questo è un tema troppo grande per trattarlo qui e ora.
Torniamo alla tensione durante i pasti.
La maggior parte dei disturbi alimentari degli adulti nascono a queta età, dallo svezzamento in poi, sempre per questa terrificante “riprova sociale” vi faccio qualche esempio:” Ma mangia? Quanto mangia? Mangia bene?
Mangia da sola? Ma le dai ancora il latte? ma così si vizia! Ma cresce? Ma cammina? Non Cammina??? E come mai? Ma è battezzata? Non è battezzata? Ma è vaccinata? ” Potrei continuare, ma penso vi siate fatti una idea.
Una madre che abbia, come si dice, spalle abbastanza grosse, fa le sue scelte, consapevole che può sbagliare, impossibile non farlo, ma lo mette nel novero delle cose che inevitabilmente accadranno. Alla fine la maggior parte delle responsabilità, delle colpe, ricadono sulla madre. Da sempre.
Un marito/padre come Giovanni, non riesce a gestire la “riprova sociale” vuole essere omologato, semmai additato per le qualità eccezionali della propria creatura, non ce la fa, mi si passi il termine, a gestire e scelte di Marcella e più lei evolve su questa strada coraggiosa e autonoma, più lui teme di perdere il controllo e va in ansia.
A me verrebbe da dire una cosa molto semplice: “Caro Giovanni, se il tuo metodo funziona sul lavoro, non è detto che questo modello sia applicabile ad una creatura in crescita, che non è una azienda, non è un progetto, non è un business plan. Sei mai stato padre prima? Che esempio ti ha dato tuo padre? Se continui così invece di sostenermi ed aiutarmi, come deve fare un padre di famiglia, diventi un elemento di disturbo. E io, gli elementi di disturbo, li elimino!”.
A volte, per essere sostenute come madri è sufficiente il silenzio assenso.
Nel prossimo articolo vi parlerò di SuperPapà. Perchè esistono e sono sempre più numerosi.
Alla prossima!