Genitorialità

Litigare ferocemente davanti a tuo figlio provoca PTSD

LO SAI CHE LITIGARE FEROCEMENTE DAVANTI AI FIGLI È CONSIDERATA VIOLENZA DOMESTICA?😭😭😭
i bambini molto piccoli possono sviluppare il PTSD 🥹 disturbo post traumatico da stress, diventare insicuri, sviluppare da grandi, relazioni tossiche.
Te la senti di continuare come stai facendo? 😱😱😱
O vuoi fare come Giovanna, Enrica, Matteo ( nomi di fantasia per rispettare la privacy) che sono usciti dal tunnel del litigio distruttivo della famiglia!
Quante famiglie vedi distruggersi così, oltre la tua?
Il motivo è semplice:
📍 Replichi un comportamento che hai subito da piccol@
📍 Non eri di pront@ al carico emotivo che i bambini piccoli comportano
📍 Nessuno ti ha insegnato a gestire i conflitti da piccol@ e ora quando si litiga, urli o ti chiudi nel mutismo, ma la frattura nel rapporto si fa sempre più ampia e dolorosa…
Non sei esaust@???
Non ti senti ANNIENTAT@???
Spezza questa catena per decidere insieme di rigenerare la vostra vita di coppia ritrovando il dialogo e preservando la felicità dei vostri figli. CONTINUA A LEGGERE

Litigare ferocemente davanti a tuo figlio provoca PTSD Read More »

Sono un genitore spartano

Essere genitori è impegnativo, a volte pare impossibile.

E’ difficile proteggere, senza soffocare, guidare, senza ostruire la visuale, incoraggiare, senza sospingere nè tirare, dare agio al talento di uscire, senza proiettarvi il o i propri talenti,o al contrario gasare perchè “sanno fare quello in cui io sono un impedito”;  mettere paletti, dando la possibilità ove appaia l’intelligenza necessaria, di superarli e trovare una strada intonsa da percorrere, tenersi i batticuori e le paure chiuse nello sgabuzzino delle cianfrusaglie, come cose che non servono a crescere bene i propri figli. CONTINUA A LEGGERE

Sono un genitore spartano Read More »

L’attesa creativa

5553036095_8bb14e12a1_n

E’ molto tempo che non scrivo un articolo.

Piuttosto che scrivere cose rimasticate ho dato tempo ai progetti che seguo.

Su una cosa però ho riflettuto. Sono una persona entusiasta, le cose in cui credo mi galvanizzano e, cosa di cui mia madre amabilmente mi prende in giro, nella mia vita mi sono fatta prendere da tante passioni. la curiosità è una spinta propulsiva del mio modo di essere. Così, di curiosità in curiosità, ho appreso tante cose che, in apparenza non avevano attinenza l’una con l’altra. Non mi sono mai posta il problema “A cosa mi servirà?”

Steve Jobs era appassionato dei font di scrittura, cosa che fece schizzare in alto le vendite della apple quando la microsoft stava ancora a carissimo amico con i caratteri di scrittura. L’originalità crea un brand, se sapientemente veicolato e in questo Jobs era un maestro. Quando da ragazzo si era appassionato ai font non l’aveva certo fatto pensando “A cosa mi servirà?” Era curioso. Quidi, se posso darvi una indicazione,

Apparentemente.

Perchè

essendo il nostro focus concentrato su quello che “vogliamo che accada”. Tutto il resto, apparentemente, sembra essere una inutile, decorativa, fastidiosa, perdita di tempo.

Ma.

Non è proprio così.

I figli piccoli possono essere estremamente faticosi, snervanti, pericolosi per se stessi, per fratellini o sorelline più piccoli/e. Molti genitori si domandano: sarà capace di superare questa difficoltà? Sarà sempre così caparbio? Riuscirò a fargli capire questo pericolo? Perchè continua a farmi diventare matta con questa insistenza? Ce la farò a tornare ad avere una vita in cui ho uno spazio?

Questa e altre mille domande vorticano nella testa dei neogenitori.

Per non parlare di quelli che hanno bimbi più grandi o adolescenti.

Credo che perfino mia madre continui a farsi domande su di me.

Gli adolescenti e anche i tardo-adolescenti, quelli che pur grandi non hanno la capacità economica di andarsene, potrebbero avere questa percezione di immobilità.

E qui arriviamo al punto: dalla condizione di genitore non si esce mai, saremo sempre attenti al benessere dei nostri figli. Però. C’è un però. Ad un certo punto potremmo tornare ad aver un nostro spazio. L’attesa è apparentemente lunga. Già quando andranno a scuola elementare un po’ di respiro in più si avrà. E anche il tardo adolescente se ne andrà, se veramente lo vuole.

Anche chi non ha figli potrebbe comunque essere in attesa di qualcosa. C’è chi è in attesa di andare in pensione, ha un lavoro che ama, ma che gli costa fatica fisica o mentale o entrambe. Chi fa un lavoro che non ama affatto e cerca di evadere con attività ricreative anche di scarso valore, pur di non pensare a quanti anni dovrà restare in prigione lavorativa. I privilegi di uno stipendio corposo fisso pare spengano in queste persone il desiderio di vera libertà. Ma per parlarne andrei off-topic.

Quello su cui volevo soffermarmi è che, vista in questo modo, la vita pare un lungo tempo di attesa che le cose cambino quando quello che va cambiato è il nostro atteggiamento riguardo tutte queste cose.

La vita è un continuo cambiamento, se sappiamo viverla in questo modo. Se sappiamo percepirla, come una trasformazione.

Se abbiamo il coraggio, la volontà e anche il supporto di un coach, che ci diano gli strumenti da applicare nel quotidiano, sottolineo questo aspetto, di attività da svolgere quotidianamente finchè non diventa automatica,  di uscire dallo schema precedente che ci fa vivere la vita in un perenne stato di immobilità.

Siamo abituati a stupirci delle capacità creative della natura. Ma sono le stesse che abbiamo noi.

Il web è pieno di video di persone che fanno cose incredibili. E la cosa strana è che ci sembra più credibile che una persona senza arti scali una montagna o nuoti come un pesce, piuttosto che pensare che anche noi abbiamo questo potere.

Questo potere nasce dalla scelta che facciamo ogni giorno di apprezzare il fatto che possiamo camminare, respirare, muoverci. Invece Mettiamo scuse: il partner depresso o oppressivo, il collega inefficiente, il figlio che esige le nostre attenzioni e ci dimentichiamo il nostro potere creativo. Un potere creativo che possiamo esercitare soprattutto, nei tempi di attesa. Anzi, direi quasi esclusivamente, nei tempi di attesa, dato che poi, quando verrà il momento della esplicitazione di questo potere, non dovremo fare apparantemente niente, se non seguitare a fare quello che abbiamo già fatto: vivere il più intensamente possibile.

Come si attiva questo potere?

Cominciate col respirare. respirate attivamente, come un atto di volontà e non solo come un’attività riflessa del nostro sistema nervoso. Una respirazione inconsapevole è del tutto diversa da una respirazione consapevole.

In questi giorni mi sono approcciata, in modo molto semplice e senza alcuna pretesa di esserne esperta, alla respirazione Kundalini, che normalmente è connessa allo Yoga Kundalini. E’ una respirazione potente, esclusivamente dal naso e l’ho applicata – orrore ed abominio diranno in molti – alla zumba che faccio in palestra. Sembra non azzeccarci nulla, però mi permette di avere più energie di chi ha la metà dei miei anni.

In estrema sintesi, quando non sapete raccapezzarvi, avete una empasse emotiva, fisica, mentale, cominciate col respirare.

Dal respiro nasce la vita, ossigenerete il cervello tutti gli organi e potrete aprirvi a nuove connessioni.

Buon lavoro!

 

L’attesa creativa Read More »

La stimolazione sensoriale per l’unità armonica della persona

3394086022_242d648b00_n

Nei giorni scorsi mi è caduto l’occhio su un programma televisivo per piccini. La cosa che mi ha impressionato è che invitasse i bambini a riempire delle campiture di colore, premendo dei tasti.

La cosa peggiore che si può fare ad un bambino, per impedirgli di crescere, è evitargli l’uso del tatto e del gesto fisico legato ad un risultato visivo. Oggi si privilegia molto il senso visivo, a sfavore di altri sensi, ma questo ha delle conseguenze notevoli nella vita dei nostri figli. Per questo motivo oggi proseguo la pubblicazione della mia tesi di laurea attinente la sociologia delle ARTI che, guarda caso, tocca l’argomento tattile.

Bisogna osservare più di un’attinenza tra l’aspetto uditivo magico delle civiltà orali, così definito da McLuhan,  e la modalità con cui si procede nel lavori svolti allo Studio.

Nel suo Galassia Gutemberg,  McLuhan (1976, p. 50) sostiene che:

Se una tecnologia viene introdotta in una cultura sia dall’interno sia dall’esterno, e se provoca una nuova accentuazione o supremazia di uno o dell’altro dei nostri sensi, allora il rapporto tra tutti i sensi ne risulta alterato. Noi non sentiamo più nello stesso modo, né i nostri occhi e orecchi e gli altri sensi rimangono gli stessi. L’intreccio dei sensi è costante eccetto in condizioni di anestesia. Ma ognuno dei sensi, quando venga acutizzato ad un alto livello di intensità può fungere da anestetico nei confronti degli altri sensi. (…) Il risultato è (…) una sorta di perdita di identità.

 

L’aspetto più evidente dei mezzi di comunicazione della civiltà occidentale, è quello di utilizzare una sempre maggiormente specializzata dimensione visiva. Prendendo in considerazione il ragionamento di McLuhan non possiamo non notare come tale specializzazione porti ad un’anestetizzazione della sensorialità tattile e uditiva. Recenti studi sull’ascolto della musica fra i giovani supportano la tesi secondo cui la tipologia di musica ascoltata e la qualità dell’ascolto è sempre più superficiale e disattenta, con disturbi delle capacità di concentrazione degli stessi soggetti indagati.

Non è questa la sede per analizzare tutti i possibili risvolti socio-culturali di una società i cui esponenti soffrono di questa perdita di capacità di concentrazione e di identità, ma recuperare tali sensi allo Studio era una dinamica consolidata che dava buoni frutti, sia per la tipologia di rapporto che si creava tra i partecipanti, sia per la felice riscoperta di questi sensi.

Durante le attività manuali è sempre stato dato il massimo risalto all’aspetto tattile. Le tecniche di manipolazione della materia, qualunque essa fosse, puntavano a sviluppare le capacità del gruppo e del singolo all’interno del gruppo, di riconoscere con il tatto le materie manipolate. Nella lavorazione della cartapesta, ad esempio, bisognava riconoscere al tatto la carta che era stata bagnata con acqua, che doveva aderire al calco in gesso, da quella ricoperta di colla di acqua e farina, completamente trasparente e quindi assolutamente irriconoscibile dal punto di vista visivo. I neofiti del gruppo non erano in grado di farlo, mentre i più esperti potevano farlo realmente “ad occhi chiusi”. Il tatto permetteva di riconoscere la porosità della carta imbevuta d’acqua dalla viscosità della carta imbevuta di colla. Un tipo di sapienza che permette il mantenimento della sfera naturale umana, portata al contatto diretto con gli elementi della natura, e all’unità sensoriale citata da McLuhan che ne qualifica l’equilibrio, lo stato “in presenza” non anestetizzato.

1357150521_07995c1dae_n

Ora, l’aspetto uditivo a cui fa riferimento McLuhan,  oltre che nell’ascolto di musica classica occasionale durante le attività lavorative dello Studio, avveniva soprattutto nella fase intermedia alle attività laboratoriali, la cosiddetta “merenda”. Oltre ad essere un momento di convivialità, della presentazione dei nuovi al gruppo, era anche quella in cui si riproponeva una sorta di “convocazione degli abitanti del villaggio” in cui il capovillaggio, il maestro, affabulava il gruppo con i racconti dei suoi viaggi, delle sue avventure, delle progettualità future, ma sempre nei termini della affabulazione. Non quindi con aride cifre, pianificazioni del lavoro, suddivisioni dei compiti, che poi ci sarebbero anche state, ma nei termini della favola, dell’avventura di un gruppo di eroi che avrebbero portato a termine un’epica impresa. Qui, l’aspetto emotivo empatico, emozionale e ludico, creavano una sinergia fondamentale per cementare il gruppo e proseguire nelle attività che spesso avvenivano in condizioni ambientali disagevoli. In questo ci ricorda Mejerch’old ( Palumbo, 2005, p. 41 )  il quale per motivare  i suoi attori adotta questa tecnica: “( …) La cosa importante è che, fin dal primo (…) incontro, siano già in uno stato di agitazione. Avete capito che nell’arte il maggiore e più importante stimolo è la commozione?”

Molti anni dopo che lo Studio aveva chiuso le porte, importanti studi sociologici e anche molti formatori, hanno dimostrato che l’apprendimento collegato all’emozione positiva, oltre a generare benessere, crea, a livello neuronale, un ancoraggio, rendendo l’apprendimento non solo più efficace, ma anche solido, dato che non avviene solo a livello razionale,  ma anche ad un livello subconscio.

Alla prossima

La stimolazione sensoriale per l’unità armonica della persona Read More »

I terribili due anni come sopravvivere?

5379840646_e2ccd0b24d_b

In questo articolo vi avevo già parlato dei terribili due anni.

Bambini frustrati e aggressivi? Aiuto!

In coda all’articolo precedente ho detto che vi avrei spiegato la differenza tra FARE ed ESSERE. Ovviamente a livello linguistico conoscete benissimo la differenza, ma nell’applicazione pratica di tutti i giorni cosa implica?

Qualche esempio

La vostra meravigliosa bimbetta di due anni e mezzo vi sta piantando l’ennesimo capriccio. Già prima dell’arrivo della sorellina neonata puntava i piedi e decideva cosa fare e non fare, come a volervi comandare. Ora è un’estorsione continua di richieste, non solo in contraddizione tra di loro “Voglio mangiare a tavola, ma in braccio. No, voglio mangiare al tavolino basso, ma mi devi imboccare!” ma dà proprio l’idea di non sapere cosa vuole. Bingo! Infatti, non sa cosa vuole. Sente il suo regno, la sua supremazia minacciata da un’entità sconosciuta, la sorellina, e non sa che pesci pigliare. Come riottenere quello che aveva prima? Non è assolutamente consapevole che il “prima” non esisterà più. Inoltre tira la corda della vostra pazienza oltre misura, portandovi a pensieri omicidi. Credetemi, è normale.

Ginevra, la bimbetta di due anni è mezzo, non è assolutamente consapevole di quello che sta succedendo. Se fosse un cane o un gatto, cercherebbe di marcare il territorio. Essendo una bimba cerca di proteggere il suo territorio nell’unico modo che sa: piange per un nonnulla, cerca di attirare l’attenzione, rifiuta il cambio del pannolino, il bagnetto e tutte le cose che prima erano semplcemente faticose perchè ormai pesa, diventano impossibili.

Ed ecco che allora il genitore intelligente cerca di fare una serie di cose:

  1. la distrae con dei giochi e cerca di portarla in bagno con le lusinghe
  2. le promette attenzioni particolari, se e dopo che avrà fatto il bagnetto
  3. le canta una canzoncina, le porge il gioco preferito
  4. le racconta una storia
  5. le parla di un ricordo bello
  6. le promette una pietanza che sa che lei adora
  7. la coccola e la blandisce

Quali sono le reazioni di lei? Strilla e piange come un’ossessa, mettendo  a durissima prova il genitore che già patisce per stanchezza e la mancanza di una nottata di sonno completa.

Da che cosa è determinato questo comportamento, cosa è utile fare e cosa è dannoso fare.

Innanzitutto il bambino sente la stanchezza del genitore e dato che non la capisce cerca di interpretare in un modo tutto suo quello che succede. Sente il cambiamento come una minaccia e l’unico modo che gli viene in mente per avere attenzioni extra, che possano in qualche modo “rimettere le cose a posto” è fare i capricci. In più ricordiamolo, Ginevra ha due anni è mezzo, che , come ben sapete è considerata una pre-adolescenzza, sta diventando grande e non sa cosa succederà. Vuole affermare la sua personalità e tutto ciò che è intorno a lei è “MIO!!!!!”, soprattutto mamma e papà.

Dopo aver capito il perchè del suo comportamento del tutto privo di razionalità, andiamo a capire cosa non va fatto:

  • dare spiegazioni inutili. Ha due anni e mezzo. Con tutto l’amore del mondo, anche se sa mangiare da sola, parla e vi risponde, non ha razionalità, è puro istinto, cosa spieghereste ad un gatto che vi monta sul tavolo con le zampine sporche? Un bel niente! Lo fareste scendere con un ordine secco e perentorio.
  • blandirla. Cercate di rabbonirla. Perchè? Vi ha mandato fuori di testa con i suoi capricci e fate finta che va tutto bene, Non va tutto bene. Datele delle regole, come le dareste al gatto di casa. Non è per insultare la sua intelligenza, ma è per rispettare voi stessi. Spiegando sprecate fiato. Non c’è da spiegare. C’è SI e c’è NO! Punto. Non fate eccezioni, perchè con una preadolescente l’eccezione diventa una regola e dal dito passerà alla mano al piede e per voi sarà finita. Dato che non è razionale e non sa nulla della vita pratica, in men che non si dica, diventerà il capo della casa e .
  • CONTINUA A LEGGERE

    I terribili due anni come sopravvivere? Read More »

    Studio Arte Equipe 66: due anni che valgono una vita

    Nel 2006 mi sono laureata con una tesi sullo studio d’Arte di mio padre, il maestro Gianpistone. Mi chiederete cosa c’entra questo con un blog di crescita e consulenza familiare, beh, leggete l’articolo e lo capirete, è una delle tante interviste fatte a chi ha vissuto quegli anni. Vi toccherà dentro. Nella foto, Marco e Luca e le macchine costruite per il progetto “Pinocchio” sullo sfondo Mangiafuoco.

    win_20161104_091732-2

    Intervista a Ignazio Rosario Galella

    Ignazio Rosario ha 62 anni, vive vicino Genova

    Ti spiace ricordarmi il tuo nome e cognome completo?

    Io mi chiamo Ignazio Rosario Galella… e questo dà un po’ l’idea della mia natura duplice…sono stato Rosario, per un po’ di anni poi sono diventato Ignazio.

    Di cosa ti occupi?

    Attualmente sono impiegato ai Beni Culturali… sono archivista direttore all’archivio di Genova…

    Ti ricordi in che periodo della tua vita frequentavi lo Studio?

    Ho incontrato il maestro nel giugno del 1975…

    Che cosa si faceva quegli anni allo Studio?

    Gianni ( il leader ) aveva instaurato una sorta di piccola comunità collettivistica… così potremmo dire adesso… persone che lavoravano con lui…come psicoterapeuta, ma Gianni non poteva essere condensato in una semplice definizione… lo Studio era un flusso continuo condensato di persone… amici conoscenti… il sabato, tutti quelli che volevano venire potevano entrare… una sorta di condensato di vita… faceva l’organizzatore coordinatore… ma un po’ dietro le quinte… e noi eravamo un po’ gli attori di noi stessi ( ride)… ma la cosa bellissima era che lui faceva dipingere… aveva trovato questo metodo… …ma la cosa importante è che partecipando a queste pitture ed era bellissimo vedere persone che non avevano mai preso un pennello in mano… e lui riusciva a fargli compiere quel gesto artistico di fare una pittura… ricordo che c’erano quantità indescrivibile di queste tele dipinte con questo bellissimo modo di fare…

    Hai dipinto anche tu?

    Si, certamente…

    Lo fai ancora?

    No… dipingo con la mente… ma questo è un altro discorso…. ( ride) sono in mezzo alle opere d’arte comunque, con il mio lavoro…

    Di dove sei originario?

    Melfi, provincia di Potenza…un  entroterra culturale molto povero… l’esperienza dello Studio è stata per me totalizzante… è stata la scoperta della lettura… della musica, della pittura… Gianni ci invitava per motivi legati anche ad una sorta di terapia psicanalitica ad approfondire determinati aspetti… ad esempio la lettura di Castaneda… in un momento in cui la droga era al massimo del suo impatto, era un modo per tenerci lontani da questo mondo… per entrarci con l’esperienza…

    Ti ricordi la situazione politica sociale culturale, in Italia?

    Attraverso questa esperienza io… ho avuto… una sorta di educazione politica… in senso sociale, Nella società c’era…ricordo che c’era un estrema politicizzazione e anche un estremo disinteresse… io ho frequentato lo Studio solo dal 1975 al 1977 però ricordo che, rispetto a questa sensibilizzazione… quando lavoravo già a palazzo Pitti ed è successo l’attentato a via Fani… in quel momento mi sono ricordato della esperienza vissuta a Roma.

    E il rapporto con le persone dello Studio, com’erano?

    Gianni mi ha dato l’opportunità di… braccio destro non rende piena l’idea… ma… di essere il suo ragazzo di bottega… avevo rapporti pregiudiziali e pregiudizievoli con i parenti… e lui mi ospitò allo Studio perché non avevo casa… ero un aiutante di campo… questo forse ha creato una sorta di conflittualità…con alcuni…ho avuto anche bei rapporti… direi anzi.. passioni di vita, grandi affettuosità… ma anche grandi litigate ( ride) perché la cosa te la sentivi talmente parte di te stesso… che  si discuteva…poi,  ognuno era più o meno riservato…

    Cosa ricordi di particolare? CONTINUA A LEGGERE

    Studio Arte Equipe 66: due anni che valgono una vita Read More »

    Il mio peggior cliente 2

    Per chi non avesse letto la prima parte in fondo alla pagina trovate l’articolo precedente

    Perché torno a parlare di Fabrizio, il mio peggior cliente?

    301843873_c72d5284be_z

    Perché mi serve come esempio per tutti quelli che in questi momento sono in una fase di transizione:

    da un figlio a due

    dalla pausa maternità al ritorno al lavoro

    dal fallimento di un’attività all’avvio di un nuovo lavoro

    Per passare alla fase due, dovete elaborare la vostra vita attuale e quella che desiderate avere.

    Che siate di successo, nella media o usciate da un fallimento, non potete creare nulla di bello nella vostra vita se non imparate dall’esperienza che avete avuto.

    Gli errori servono, siano benedetti gli errori.

    Se siete in una situazione problematica e ci restate per paura di sbagliare, state facendo l’errore peggiore di tutti.

    Se siete insoddisfatti è probabile che siate delle persone che sono consapevoli del proprio valore  e sapete che potete dare di più.

    Qualsiasi cosa vogliate avere nella vostra vita, dovete capire la via di accesso a quella cosa.

    Qual è il vostro focus?

    1948649318_5e7ae7a983_b

    Siete un “Via da” o un “Verso”?

    Sapete cos’è un “Via da”? E cos’è un “Verso”?

    Un via da, è uno che fugge da ciò che ha già sperimentato, uno che ha sbagliato e ha provato dolore … uno che vuole andare via da dove sta :”Ovunque, fuorchè qua!”  All’inizio può andar bene, anche i migliori coach lo dicono, se sai ciò che non vuoi, stai già un pezzo avanti! Ma se non vuoi fare nessuna delle cose che possono traghettarti via dal casino, allora sei un po’ troppo “via da”, finisci per essere uno che fugge e basta e che non può fermarsi a riflettere veramente sui suoi mezzi e su ciò che può renderlo veramente efficace nell’ottenimento di ciò che vuole.

    Il tipo verso invece, si protende verso ciò che vuole, sa ciò che vuole. Anche se non l’ha ancora raggiunto ha però un obiettivo, forse ha già dei mezzi per spostarsi dal punto A al punto B al C e così via, anche perché sa che l’obiettivo non è arrivare alla meta ma la trasformazione che avviene mentre raggiunge la meta. Sa che la meta non è l’obiettivo finale ma essere la persona che ha raggiunto l’obiettivo, diventare ciò che sente di essere, nel profondo di se stesso.

    Fabrizio, il mio peggior cliente, ha iniziato la sua carriera lavorativa essendo un “verso”, aveva delle ambizioni personali. Le ha abbandonate quando ha pensato che seguire il suo  essere fotografo, non lo avrebbe portato dove voleva lui, cioè a dare una sicurezza economica alla famiglia che stava formando. Quindi, dimenticandosi chi è e ciò per cui è nato,  ha fatto quella che sembrava una scelta oculata e intelligente, dove però, non avendo lo strumentario giusto, né nella formazione commerciale adeguata, si è perso per moltissimi anni.

    Abbiamo già visto, nel precedente articolo, come, un errore dopo l’altro, si arrivi alla rovina, nel senso vero e proprio del termine. Questa cosa è successa e sta succedendo a moltissime persone.

    L’incapacità di mettersi in discussione, la mancanza di umiltà, la caparbietà stupida di portare avanti una cosa per anni, solo per non dire:”Mi sono sbagliato, avevi ragione tu!” Non perché avere un’attività o essere imprenditore non sia una cosa bella, ma perché se non ti evolvi, come tutte le forme di vita, sei destinato all’estinzione.

    Il paradosso di Fabrizio sai qual è? Che è diventato imprenditore solo perché voleva essere libero. Non essere dipendente. E’ stato un “Via da” e mai un “Verso” vero e proprio.

    Come quei genitori che fanno due figli perché due è meglio, ma non sanno veramente a che cosa vanno incontro perché hanno difficoltà a gestirne anche uno solo.

    Come quelli che chiedono di essere messi in un’altra stanza con colleghi nuovi perché hanno problemi di rapporti con i colleghi vecchi. Non rendendosi conto che, se non riescono con i vecchi colleghi, presto quella storia si ripresenterà.

    Non è chiudendo un negozio e aprendone un altro, mettendo un altro figlio al mondo, cambiando stanza, che risolverai le cose. Ma solo facendo un lavoro profondo con te stesso.

    Non sto parlando di problemi patologici. Lo sai, io non tratto patologie, per quello ci sono psicologi, analisti, psichiatri quando è il caso.

    Io do una mano alle persone  che vogliono diventare consapevoli  di se stesse . Sanno che la propria qualità di vita dipende dalla voglia di prendersene la responsabilità.

    Chi è responsabile della qualità della tua vita?

    La risposta è semplice: “Io sono responsabile della qualità della mia vita!”

    La qualità della tua vita, detto milioni di volte, non dipende dal tuo conto in banca, dal lavoro che fai, dalla famiglia che hai, ma dalla consapevolezza che hai di ciò che tu sei. La consapevolezza di vivere facendo ciò per cui sei nato.

    Non nel giochetto che fai con gli altri, fingendo che vada tutto bene, ma quando ti ritrovi solo con te stesso a fare i conti con il tuo stato d’animo principale, quello fatto dalle parole che ti ripeti più spesso.

    Riflettici.

    Cosa è che ti ripeti più spesso?

    Come ti definisci in due parole?

    Ci sono dei “ma” e dei “però” nella tua definizione di te?

    “Sono felice ma se le cose andassero meglio da questo punto di vista…”

    “Il mio lavoro mi piace però…”

    Se c’è un però, non è ok.

    Fai  questo esercizio, osservati. Nota ciò che ripeti più spesso, a voce alta o nella tua testa, qualcosa che riguardi te e solo te, in relazione agli altri, se senti ce c’è qualcosa che potrebbe andare meglio. Poi nota se, cambiando la parte dopo il ma o il però che dici, potrebbe esserci una soluzione che riguarda solo te, e se questa soluzione ti dà una sensazione di reale benessere, se c’è qualche azione, semplice e specifica, che puoi fare.

    Attenzione ho detto semplice, non facile.

    Semplice perchè a volte  chiedere “Per favore” è semplice. Non facile, perché magari vorremmo che il nostro interlocutore non avesse bisogno della nostra richiesta, vorremmo che intuisse al volo.

    Ma

    15117824_8492844d14_z

    Alla prossima

    Il mio peggior cliente 2 Read More »

    Genitori, non fate i bambini!

    11423955393_2164271e01_n

    Mi spiego meglio, non comportatevi da bambini. A volte, quando mi cercate per un consiglio, ho l’impressione che facciate i capricci voi!

    Anni fa lessi, e condivisi su fb l’articolo di un giornalista, Claudio Rossi Marcelli.

    Era il 2013 ed ero una semplice coach, senza uno specifico indirizzo alla consulenza familiare ma questo articolo mi colpi e mi colpisce ancora oggi per la sua efficacia. Il metodo del Marcelli in sintesi evidenzia tutte le ansie del genitori le aspettative in un acronimo decisamente poco fine ma molto chiaro nella metodologia. L’acronimo è: ducdc  ovvero,  datti una cazzo di calmata.

    A volte, molte volte, i genitori si rivolgono a me per problemi di sonno del bambino,  con domande impegnative del tipo: non vuol dormire nel suo lettino, che devo fare? Oppure: la pappa no, ma se gli offro una patatina, vedi come se la mangia e g.a.c. risponderei con un acronimo, non è molto più bello dormire in compagnia, che da soli? Non sono molto più saporite le patatine fritte che la pappa senza sale? E potrei proseguire per ore facendo esempi di come sia impegnativo far evitare ai bimbi cibi sapidi nella prima infanzia e farlo dormire da solo, evitare che strappi di mano i giochi al fratellino più piccolo, evitare le grida o che pianga per delle mezz’ore quando s’impunta di qualcosa che vuole o che non vuole.

    Insomma, quello che mi viene da dirvi, cari genitori che capisco la vostra frustrazione, la vostra fatica, ho cresciuto due figlie, ne so qualcosa, vegetariana ante litteram, riserve su alcuni vaccini, allattamento fino ai 2 anni, ho ricevuto critiche e condanne da parenti e amici, per le mie scelte, ma erano mie, me ne sono assunta le responsabilità. E mi sono disinteressata del loro giudizio.

    Ora viviamo in un’epoca in cui in un post su facebook vogliamo riassumere il mondo e sentenziare ciò che è giusto e sbagliato con una frase… ma dicono bene gli indiani quando sostengono che non puoi capire un’altra persona se non hai camminato per 3 lune nei suoi mocassini. E io, nei vostri mocassini ci cammino da 24 anni.

    I genitori migliori, quelli che danno più sicurezza ai figli, a prescindere dalle scelte che fanno ( giuste o sbagliate che siano) sono sicuri di sé, questo è quello che conta di più per un figlio. Poi da grandi, saranno loro a giudicare se abbiamo fatto bene o male, e quello è un giudizio bello tosto, vi assicuro. Altro del giudizio della Sora Cecioni o della Siura Maria.

    Le nonne spesso avranno da ridire, vi troveranno troppo severi o troppo molli, molti avranno sempre da ridire, quindi

    Che ne dite quindi, prima di preoccuparvi della scuola a cui iscrivere vostro figlio, di stare bene voi, di essere solidi e felici voi?

    Smettetela di rimandare quella cosa per voi stessi che non fate da tempo, smettetela di negarvi un piccolo piacere perché “prima vengono i figli”. Datevi spazi per voi stessi, perché esser genitori, oggi più che mai, se non fate così, è una cosa tostissima e, cosa più grave, se non vi date degli spazi, siete dei genitori veramente super rompi … perché a fronte delle vostre rinunce, pretenderete cose che i vostri figli non devono assolutamente darvi. “Voglio solo che cresca sano e felice!” E tu, cazzo? ( scusa ma la parolaccia qui ci vuole proprio) TU? Sei sano e felice? Che esempio gli dai?

    Ti stai ostinando a tenere in piedi un lavoro che non va per non perdere la faccia?  Cambia lavoro!

    Sacrifichi tutto il tuo tempo per tua figlia e non hai tempo per te stessa? E come potrà mai ripagarti da tanti sacrifici? Vuoi che dorma? Falla stare nel tuo letto! A due anni è normale.  Altrimenti usa il metodo in voga adesso, ti prendi il libro “Fate la nanna” ti metti lì con l’orologio e la fai piangere il primo giorno per due ore, il secondo per un’ora e dopo 4 giorni, dormirà da sola come un angioletto. Ne parlerà a 30 anni con il suo psicanalista, tranquilla! ( lo so, mi attraggo gli strali di chi ha adottato questo metodo, ma permettetemi di dirvi che è innaturale, poi fate come preferite). Ma soprattutto volete sapere quando avete cominciato a fare danni con i vostri figli? Con i no che diventano si. Se è si, sia si. Se è no, resti un  no. Punto. Non ci sono vie di mezzo. Le trattative le farete quando ha 10 anni. Non quando ne ha 2 o 3. Altrimenti i bambini, siete voi. E diventate ostaggi dei figli.

    Imparate ad essere chiari con voi stessi. Lo so che quando si dorme poco, è difficile, ma risolvete un problema alla volta:

  • se con voi dorme, proteggetevi dai calci, se ne dà, con cuscini o schermi di altro tipo e dormite!
  • Evitate cioccolata e zucchero se la creatura tende ad essere insonne. Soprattutto non dategli questa abitudine ai cibi contenenti zuccheri e caffeina, sotto i 4 anni, altrimenti la colpa che non dorme, è vostra e solo vostra, non della creatura.
  • Datevi un tempo per giocarci, che sia mezz’ora, ma fate solo quello, giocare. Punto. Non fare la cena, pulire i bagni ecc. lasciate la casa sporca, è un problema vostro e della vostra maledetta efficienza del cavolo!
  • Concentratevi una cosa alla volta. Scrivete una lista di cose da fare, 5 cose, le 5 cose più importanti, su un foglietto, poi, su un altro foglio scrivere:”Tutto quello che devo fare oggi è semplicemente… e vi ricopiate, a matita, la cosa più importante delle 5 cose che avete scritto sull’altro foglietto.
  • CONTINUA A LEGGERE

    Genitori, non fate i bambini! Read More »

    Sei un genitore di talento?

    860949390_258df08af6_z

    Ebbene si, anche per essere genitori, ci vuole talento.

    L’amore per i propri figli è innato, istintivo, primordiale per la protezione della specie. Purtroppo non è così. Serve talento che si ha, o si sviluppa. Come? Andando a scuola.

    Molti genitori di oggi comprano libri, a volte li leggono, a volte no. Ma i libri spesso, sono desueti, non aggiornati alla situazione attuale. Perché così come la società e la tecnologia avanzano a velocità siderale, così, per essere sul pezzo, come genitori, dobbiamo sapere in profondità, qual è la società in cui sono immersi.

    E se ho solo tanto tanto amore?

    Vai a scuola.

    A cosa ti servirà questa scuola?

    A un sacco di cose, vediamone un po’ senza ordine cronologico:

  • Focalizzare la natura del problema, quando emerge e il tipo di soluzione ideale
  • Essere autorevole e guidare, fin dove ce n’è bisogno e non oltre
  • Creare dei riferimenti sicuri che gli facciano riconoscere ciò che è buono da ciò che non lo è
  • Riconoscere, rispettare, sostenere i suoi talenti e aiutarlo a svilupparli
  • Creare la consapevolezza che la disciplina è soprattutto, autodisciplina
  • Creare un ambiente amorevole
  • Essere d’esempio come qualità di vita
  • CONTINUA A LEGGERE

    Sei un genitore di talento? Read More »

    Settembre tempo di ricominciare… come?

    125800205_3043a04055_z

    Vacanze? Finite

    Lavoro? Ricomincia

    E noi? Siamo pronti?

    Riapriamo le valigie, rimettiamo a posto i vestiti e le idee.

    I nostri piccoli crescono. Quanto crescono! Sembra ieri che ancora non gattonavano e adesso ci parlano, anzi, se sono grandi altro che parlare!

    Il  quotidiano tran tran ricomincia, con i ritmi che sappiamo e il nostro piccolo tesoro sta per rientrare al nido o fa un salto ancora più grande, entra alla scuola “dei grandi”.

    Cosa succederà?

    Forse siamo preoccupati, si troverà bene con i nuovi compagni? E noi, dopo tutta l’estate insieme come riprenderemo la routine?

    Sappiamo già che all’inizio sarà un po’ traumatico, la sveglia, il traffico, le corse, i colleghi, la cena da preparare, il riposo interrotto.

    E se non fosse così?

    Se invece immaginassimo l’inizio di settembre come un momento per mettere in ordine le nostre aspettative? Se imparassimo a mollare un po’ la presa e la pretesa della perfezione?

    Cos’è che ci spaventa veramente dei figli che crescono?

    Una delle prime cose che mise in crisi i miei sistemi di riferimento, quando incominciai a fare formazione fu proprio scoprire che

    E’ fondamentale dargli dei punti di riferimento, dei paletti di  recinzione che sono le regole di comportamento, ma all’interno di questa griglia dargli il massimo della libertà con un punto fermo: fai tutto ciò che ti rende felice avendo cura di te.

    Perché è tanto difficile essere genitore? Forse perché qualcuno pensa che sia un gioco a quiz  di cui vorremmo sapere le risposte.

    Ma così come ogni sinapsi nella mente può creare milioni di risposte, così ogni nostra azione come genitori può creare un reticolo di risultati diversi. Non potremo saperlo finchè nostro figlio non sarà adulto e, con la qualità della sua vita, ci dirà che buon lavoro abbiamo fatto.

    Quale è l’unica cosa che fa davvero la differenza dunque?

    Il surplace, l’essere rilassati.

    Vi ripeto il concetto base:  vostro figlio è il vostro specchio, risultato della genetica e dei modelli di riferimento fino allo sviluppo adolescenziale. Quel che avrete fatto fin là è tutto. Dopo si sceglierà i suoi pari, gli amici per la vita, gli amori. E voi genitori, avrete un’importanza molto relativa come riferimento.

    Per questo i primi 12 anni della sua vita è fondamentale seminare come si deve.

    Pensateci bene. Quando era piccina cadeva e si rialzava, il vostro  atteggiamento ha fatto la differenza.

    Domanda chiave:

    che tono di voce usi quando le/gli parli? Useresti lo stesso tono e daresti tutte quelle spiegazioni ad un adulto?

    Cosa provi al pensiero che vada a scuola adesso?

    Tutte le emozioni che provi, che siano positive o negative, tutte, attraverso il tuo linguaggio del corpo, passeranno per osmosi al tuo bambino.  Allora chiediti: che emozioni sto provando? Difficilmente è una singola emozione, ma una gamma di emozioni.

    Ce ne saranno alcune bellissime: entusiasmo per la sua crescita, la sua energia vitale, l’intelligenza che brilla nei suoi occhi. Ci saranno anche emozioni che definirei meno belle: paure di vari generi, tue insicurezze, tue aggressività represse e mascherate da ansia, ansia vera e propria. La paura è naturale, è istintiva, ma se te la nascondi, peggiori la situazione. Accettala, esiste, sviscerala fino a fartene una ragione e a riderci su.

    Capisco il vostro stato d’animo, quando le mie figlie erano piccole, ho avuto anche io le mie paure. Ariel era proprio come Briciolina della favola e alle medie fu sbattuta da un compagno di classe contro una colonna di cemento, per fortuna solo lividi, poteva andare molto peggio.

    Vi posso dire solo questo: la vita non è sotto il nostro controllo, possiamo preparare i nostri figli al massimo, ma questo non li preserverà come un manto magico da tutti i rischi, come vorremmo.

    Possiamo dargli solo una robusta attrezzatura, infatti siete qui per questo.

    Prendere le cose con calma, abbassare la soglia delle nostre aspettative su di noi non significa non fare nulla, significa fare tutto ciò che è in nostro potere per essere, prima che genitori, degli adulti equilibrati e centrati, che esprimono nella propria vita, le proprie potenzialità.

    Questo è il nocciolo della questione.

    E non dipende dal reddito, dalla casa che abitiamo, dal lavoro che svolgiamo, ma dal grado di felicità che proviamo nella nostra vita.

    A volte essere felici significa correre dei rischi, fare cose impreviste, essere meno sicuri, ma alla fine paga e i figli sentono la vostra soddisfazione, la vostra gioia di vivere. Ecco.

    E, se sono già  felice, c’è qualcosa che potrebbe rendere la mia felicità più frequente come in questo momento?

     

     

     

    Settembre tempo di ricominciare… come? Read More »