Il mio peggior cliente 2

Per chi non avesse letto la prima parte in fondo alla pagina trovate l’articolo precedente

Perché torno a parlare di Fabrizio, il mio peggior cliente?

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Perché mi serve come esempio per tutti quelli che in questi momento sono in una fase di transizione:

da un figlio a due

dalla pausa maternità al ritorno al lavoro

dal fallimento di un’attività all’avvio di un nuovo lavoro

Per passare alla fase due, dovete elaborare la vostra vita attuale e quella che desiderate avere.

Che siate di successo, nella media o usciate da un fallimento, non potete creare nulla di bello nella vostra vita se non imparate dall’esperienza che avete avuto.

Gli errori servono, siano benedetti gli errori.

Se siete in una situazione problematica e ci restate per paura di sbagliare, state facendo l’errore peggiore di tutti.

Se siete insoddisfatti è probabile che siate delle persone che sono consapevoli del proprio valore  e sapete che potete dare di più.

Qualsiasi cosa vogliate avere nella vostra vita, dovete capire la via di accesso a quella cosa.

Qual è il vostro focus?

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Siete un “Via da” o un “Verso”?

Sapete cos’è un “Via da”? E cos’è un “Verso”?

Un via da, è uno che fugge da ciò che ha già sperimentato, uno che ha sbagliato e ha provato dolore … uno che vuole andare via da dove sta :”Ovunque, fuorchè qua!”  All’inizio può andar bene, anche i migliori coach lo dicono, se sai ciò che non vuoi, stai già un pezzo avanti! Ma se non vuoi fare nessuna delle cose che possono traghettarti via dal casino, allora sei un po’ troppo “via da”, finisci per essere uno che fugge e basta e che non può fermarsi a riflettere veramente sui suoi mezzi e su ciò che può renderlo veramente efficace nell’ottenimento di ciò che vuole.

Il tipo verso invece, si protende verso ciò che vuole, sa ciò che vuole. Anche se non l’ha ancora raggiunto ha però un obiettivo, forse ha già dei mezzi per spostarsi dal punto A al punto B al C e così via, anche perché sa che l’obiettivo non è arrivare alla meta ma la trasformazione che avviene mentre raggiunge la meta. Sa che la meta non è l’obiettivo finale ma essere la persona che ha raggiunto l’obiettivo, diventare ciò che sente di essere, nel profondo di se stesso.

Fabrizio, il mio peggior cliente, ha iniziato la sua carriera lavorativa essendo un “verso”, aveva delle ambizioni personali. Le ha abbandonate quando ha pensato che seguire il suo  essere fotografo, non lo avrebbe portato dove voleva lui, cioè a dare una sicurezza economica alla famiglia che stava formando. Quindi, dimenticandosi chi è e ciò per cui è nato,  ha fatto quella che sembrava una scelta oculata e intelligente, dove però, non avendo lo strumentario giusto, né nella formazione commerciale adeguata, si è perso per moltissimi anni.

Abbiamo già visto, nel precedente articolo, come, un errore dopo l’altro, si arrivi alla rovina, nel senso vero e proprio del termine. Questa cosa è successa e sta succedendo a moltissime persone.

L’incapacità di mettersi in discussione, la mancanza di umiltà, la caparbietà stupida di portare avanti una cosa per anni, solo per non dire:”Mi sono sbagliato, avevi ragione tu!” Non perché avere un’attività o essere imprenditore non sia una cosa bella, ma perché se non ti evolvi, come tutte le forme di vita, sei destinato all’estinzione.

Imprenditori estinti, è pieno il mondo. Condividi il Tweet

Il paradosso di Fabrizio sai qual è? Che è diventato imprenditore solo perché voleva essere libero. Non essere dipendente. E’ stato un “Via da” e mai un “Verso” vero e proprio.

Come quei genitori che fanno due figli perché due è meglio, ma non sanno veramente a che cosa vanno incontro perché hanno difficoltà a gestirne anche uno solo.

Come quelli che chiedono di essere messi in un’altra stanza con colleghi nuovi perché hanno problemi di rapporti con i colleghi vecchi. Non rendendosi conto che, se non riescono con i vecchi colleghi, presto quella storia si ripresenterà.

Quando hai dei nodi con te stesso, non sarà mai la realtà esterna a poter cambiare la tua vita. Condividi il TweetNon è chiudendo un negozio e aprendone un altro, mettendo un altro figlio al mondo, cambiando stanza, che risolverai le cose. Ma solo facendo un lavoro profondo con te stesso.

Non sto parlando di problemi patologici. Lo sai, io non tratto patologie, per quello ci sono psicologi, analisti, psichiatri quando è il caso.

Io do una mano alle persone  che vogliono diventare consapevoli  di se stesse . Sanno che la propria qualità di vita dipende dalla voglia di prendersene la responsabilità.

Chi è responsabile della qualità della tua vita?

La risposta è semplice: “Io sono responsabile della qualità della mia vita!”

La qualità della tua vita, detto milioni di volte, non dipende dal tuo conto in banca, dal lavoro che fai, dalla famiglia che hai, ma dalla consapevolezza che hai di ciò che tu sei. La consapevolezza di vivere facendo ciò per cui sei nato.

Quello che hai è il risultato di ciò che tu credi di essere. Condividi il TweetNon nel giochetto che fai con gli altri, fingendo che vada tutto bene, ma quando ti ritrovi solo con te stesso a fare i conti con il tuo stato d’animo principale, quello fatto dalle parole che ti ripeti più spesso.

Riflettici.

Cosa è che ti ripeti più spesso?

Come ti definisci in due parole?

Ci sono dei “ma” e dei “però” nella tua definizione di te?

“Sono felice ma se le cose andassero meglio da questo punto di vista…”

“Il mio lavoro mi piace però…”

Se c’è un però, non è ok.

Fai  questo esercizio, osservati. Nota ciò che ripeti più spesso, a voce alta o nella tua testa, qualcosa che riguardi te e solo te, in relazione agli altri, se senti ce c’è qualcosa che potrebbe andare meglio. Poi nota se, cambiando la parte dopo il ma o il però che dici, potrebbe esserci una soluzione che riguarda solo te, e se questa soluzione ti dà una sensazione di reale benessere, se c’è qualche azione, semplice e specifica, che puoi fare.

Attenzione ho detto semplice, non facile.

Semplice perchè a volte  chiedere “Per favore” è semplice. Non facile, perché magari vorremmo che il nostro interlocutore non avesse bisogno della nostra richiesta, vorremmo che intuisse al volo.

Ma i rapporti chiari non si basano sull’intuizione, ma sulla comunicazione. Condividi il Tweet

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Alla prossima

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