Una utopia che ha preso forma

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Un’utopia che ha preso forma

Continuo a pubblicare, paragrafo dopo paragrafo, la mia tesi, volendo indicare con essa, un percorso praticabile per un resettaggio socioculturale della nostra società.
Da un punto di vista storico metaindividuale, l’utopia esprime l’anticipazione avveniristica che fa perno sull’esigenza di una società alternativa. Le società industrializzate traducono questa esigenza nella romantica contrapposizione fra razionalità e irrazionalità e nell’acritica concezione del cambiamento sociale e della rivoluzione.(…) Si postula l’equazione tra cambiamento e miglioramento. Il progresso diviene una sorta i religione laica. (…) Manca la coscienza problematica che il progresso non è una fatalità cronologica, che non è sufficiente andare avanti per andare bene. (Ferrarotti, 2001, p. 123)
Questo articolato pensiero del Ferrarotti ci permette di individuare alcuni delle riflessioni che hanno portato alla nascita di un’utopia come quella dello Studio, sbocciata dall’entusiasmo di un’artista, seguito da un gruppo eterogeneo di persone che hanno creduto nella formazione di una società alternativa. Ne testimoniamo la sua esistenza per l’importanza che questa utopia continua ad avere oggi, nella nostra società, per una possibile estensione ed applicazione della metodologia di intervento, per la rilevanza che il suo esperire ha rappresentato e per le sue implicazioni in ambito sociologico e culturale. ; senza allontanarci troppo dal campo ora indagato dalle nostre ricerche, il fatto che tra le altre cose il materiale più usato allo studio fosse la cartapesta, materiale povero, di riciclo, che rinasceva a forma artistica-artigianale, era uno degli elementi che ci avvicinano alla problematica assai scottante e attuale dello sfruttamento delle risorse energetiche e l’utilizzo delle fonti di energie rinnovabili. Fare tesoro delle risorse che ci vengono da altre culture, conoscenze che ci hanno preceduto, è stato un altro riferimento per il gruppo dello Studio, che ha affrontato la ricerca e lo studio delle maschere antropologiche per conoscere dall’interno le culture dei popoli che già cominciavano ad affacciarsi, come migranti, nel nostro paese. Il Ferrarotti ci ricorda che (ivi, p.124/5): “ (…) la tradizione può essere autenticamente rivoluzionaria nel senso che i semi e le promesse in essa contenuti non sono stati ancora inverati sul piano storico effettivo.” Non siamo qui ad indagare le motivazioni per cui della tradizione, nelle sua più vasta accezione, non è stato fatto tesoro per problematiche legate al profitto e un’economia mondiale che viaggia in direzione contraria all’umanità, ma riconosciamo che, sempre con il Ferrarotti (ivi, p. 125):
Le società industrializzate (…) tendono a misurare il loro “progresso” ( tra virgolette nel testo) unicamente in base a variabili economiche anche importanti(…) ma sono mute o al più balbettano di fronte ai problemi veri della convivenza, come la qualità della vita, la riduzione dell’ingiustizia(…) La loro razionalità formale (delle società industrializzate)(…) è strumentalmente disarmata di fronte alla necessità umana.(…)La sua perfezione tecnologia è priva di scopo.
A quella tradizione rivoluzionaria ha fatto riferimento lo Studio, la sapienza che vi giungeva attraverso le fiabe de le Mille e una Notte, dalla conoscenza delle centinaia di rituali a cui erano legate le maschere riprodotte. Per certo non tutti i membri dello Studio avevano capacità intellettive e culturali per comprendere la ricerca e il lavoro che si svolgeva, ma senza distinguo intellettivi, , nelle proprie difficoltà fisiche o culturali, comunicative o di apprendimento, , dove si procedeva insieme, perché il percorso era già conoscenza, era già una tipologia di vita nuova, che prendeva atto delle necessità umane. Società come convivenza di uguali, la definisce il Ferrarotti che aggiunge (ibidem): ” (…) l’utopia che offre alle società storiche e alla loro quotidianità imperfetta la mèta ideale verso la quale indirizzare le energie e rispetto alla quale misurare la propria statura storica.” Una società, a nostro avviso, è tanto più evoluta, quanto più è capace di procedere armonicamente tra progresso scientifico, equità sociale, condivisione di immanenza e trascendenza. A conferma dell’importanza dei valori immateriali nella società contemporanea ecco come ci redarguisce il Ferrarrotti, (ivi, p. 134) nella chiusa del suo testo:
Il progresso tecnico non è sufficiente. La tecnica è una perfezione priva di scopo. Non crea valori. E’ solo l’eterno ritorno dell’identico. La grande illusione all’inizio del secolo ventunesimo è da vedersi nello scambio fatale di valori strumentali con valori finali. CONTINUA A LEGGERE

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