Quando fa bene come e cosa dire

Sembra che prenda l’argomento un po’ alla larga, mi si permetta questa digressione, perché è indispensabile per capire perché oggi i genitori appaiono eccessivamente entusiasti dei successi dei propri figli e cosa questo eccesso di entusiasmo produce.

Va detto anche che i genitori fanno tante cose.

Come tutti coloro che fanno tante cose, alcune, è statistico, sono sbagliate.

Non è cattiveria, è proprio che essere genitori oggi è difficile, molto difficile. Condividi il Tweet

Abbiamo già parlato dell’importanza della famiglia allargata. Se pensiamo alla famiglia contadina di 150 anni fa, l’errore del genitore, sicuramente c’era, c’era però anche l’apporto dello zio, del cugino, del nonno, c’era la tradizione del racconto di storie che mediassero la realtà, c’era del tempo condiviso. Insomma, gli stimoli erano diversificati e il bambino cresceva con una serie di riferimenti molto maggiori di quelli odierni, anche se apparentemente oggi i bambini sono iperstimolati.

Forse vi chiederete perché prendo ad esempio la famiglia contadina e non quella aristocratica. Il motivo è semplice. In quella aristocratica il bambino aveva già perso il contatto diretto con i genitori, cresciuto da persone addette ala sua cura, balie, tate e nanny. Allora, mi direte, non c’è molta differenza con i bambini allevati oggi. Infatti, non c’è molta differenza. I bambini del terzo millennio nel mondo occidentale vengono cresciuti all’interno dei nidi, da tate, di rado dai nonni, spesso da estranee/i.

Come le famiglie aristocratiche crescevano i bambini con standard  comportamentali di un certo tipo, così noto, per esperienza personale, che i bambini di oggi crescono con dei riferimenti esterni, i genitori esautorati dal loro ruolo e svuotati di quella autorevolezza che gli è indispensabile per educare i propri figli.

Venendo al dunque, al nocciolo del problema, questa similitudine che cosa comporta?

I genitori si assentano da casa giornate intere.  Non vivono i progressi dei figli, perdono spesso momenti  imperdibili, la prima parola, il primo passo.

Così cosa succede? Quando il bambino compie una “prodezza” davanti al genitore, questi, finalmente presente al “miracolo” si sbraccia gli batte le mani  e, come fosse all’Operà di Parigi, acclama “Bravo Bravo!!!”

Intanto spezzo una lancia per questo genitore deprivato del DIRITTO di stare con il proprio piccolo, ma per questo servono leggi dello Stato che permettano ai genitori dei permessi sostanziali dal lavoro almeno nei primi tre anni dalla nascita della creatura.

Poi osservo i danni che questi applausi e soprattutto i ripetuti eccessivi “bravo” creano nel figlio.

  1. Bravo è un giudizio sulla persona. Se fai questo così sei bravo, altrimenti non sei bravo. Condividi il Tweet E spesso avviene questa questa disequazione: se fai così sei bravo, se non fai così sei cattivo. Evitare.
  2. Se giudichiamo il bambino faremo di lui una persona giudicante.
  3. Se giudichiamo il bambino in base a quello che fa, si abituerà a compiacerci e a non creare un suo sistema di riferimento basato sul ragionamento “questa è una buona cosa da fare, questa non è una cosa buona da fare” Ovvero assocerà il nostro ” bravo” ad un premio e, accade spessissimo, si aspetta questo bravo, e se non glielo diamo, si sentirà: frustrato arrabbiato, non al centro dell’attenzione. Per non parlare dell’abilità del bambino nello strumentalizzare la debolezza del genitore ”Se faccio il bravo allora tu mi compri questo gioco!”
  4. Se il bambino associa un comportamento al “bravo” non sperimenterà altre possibili strade. Condividi il TweetPer fare un esempio, vi presenta un disegno con la casetta dal tetto rosso e voi dite “Bravo!” Se ve la presenta col tetto blu?” Oppure ogni disegno che vi presenta direte “Bravo!” ? Capite il vincolo che state creando? Non farà più le cose perché vuol farle, perché sta sperimentando e creando. Farà le cose per ricevere quel bravo, eliminando dalla casistica della sua sperimentazione, tutto quello che potrebbe non dargli quel premio, a cui si è presto abituato.
  5. Fa una cosa brutta e non lo sa. Si aspetta un “Bravo!” che non arriva. Voi non sapete come gestire la cosa, vorreste dirgli che è brutta, secondo il vostro metro di giudizio, ma non volete scoraggiarlo, quindi cosa fate? Mentite, dicendo “Bravo!” Alterando la sua capacità di giudizio, facendogli credere che non siete in grado di capire se una cosa è bella e ben fatta e una no? Oppure smettete di dire bravo ad ogni pie’ sospinto e sbloccate questo sistema di compensazione sbagliato?

Ricapitolando:

Sembra la stessa cosa dire “bravo” e dire “bene” ma bravo è diretto a chi compie l’azione, “bene”  invece è diretto all’azione ben fatta, al risultato che è venuto bene. In questo modo noi evitiamo di esprimere un giudizio sul bambino che, come ho detto in varie sedi, impedisce al bambino stesso di creare di se stesso l’immagine di sé, dall’interno di sé e non dall’esterno, per quello che gli altri, in primis i genitori, pensano e dicono di lui, davanti a lui.

La mia meravigliosa mamma diceva sempre di me”E’ timida!” cosa che mi faceva vergognare da morire, facendomi nascondere, dalla vergogna, dietro le sue gonne. Il mio comportamento vergognoso rinforzava in lei questa credenza. Per combattere questa sua opinione su di me, a 14 anni interpretai Giulietta, in una compagnia teatrale professionale. A quel punto non mi si poteva più dire che ero timida, non trovate?

Fatemi sapere come va.

Coraggio, non siete soli.

 

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